Sulla "Trasparenza"
Nell'intervento del 4 Dicembre 2015, al convegno sulla Trasparenza, realizzato a cura dell'URP della Provincia di Salerno da Fabio Apicella e Maria Rosaria Greco, ho sottolineato come il Decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, sia -
come molte delle innumerevoli leggi italiane - in gran parte disatteso.
Nell'art. 1 il esso recita: "La trasparenza è intesa come accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività
delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche". È su "forme diffuse di controllo" che inciampa il legislatore.
“Corruptissima re publica plurimae leges” (Le leggi sono moltissime quando lo stato è corrottissimo) recitava Publio Cornelio Tacito (Annales, Libro III, 27). In realtà in Italia ci sono oltre 150.000/200.000 leggi
(non so se qualcuno sappia esattamente quante siano), contro le 3000 della Gran Bretagna, le 5500 della Germania, le 7000 della Francia, risulta pertanto del tutto evidente a chiunque, sebbene privo di competenze giuridiche come me, che è facile restare
preda dei burocrati e che la burocrazia (termine coniato dall’economista Vincent de Gournay, nella prima metà 18° sec.) sia difficile da sconfiggere.
Solo rendere pubblico ogni atto, ogni procedimento, ogni iniziativa attraverso la comunicazione
può aiutare a combattere la burocrazia, ovvero l’imbarbarimento normativo che rende complicata ogni azione politica.
Ma la Comunicazione, haimé, è come la “bonne famme” tutti possono averla, ma nessuno la possiede
completamente. Ma fintanto che non si descriveranno - dettagliatamente e con competenza specifica - come si debbano "rendere pubblici" gli atti amministrativi, attraverso quali strumenti, quali canali, si tratta solo di buone intenzioni, parole del
burocratese, che nessuno mai renderà efficaci e concrete.